Il babà è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana, una vera bontà che si può trovare in tutte le pasticcerie ma che, con un po’ di pazienza, si può anche preparare in casa.
É un dolce realizzato con un impasto lievitato e spumoso, cotto negli appositi stampini e poi imbevuto con una bagna al rum.
Nella versione tradizionale il babà si serve solo con la bagna al rum, in quelle più moderne viene accompagnato con crema pasticcera, panna montata e frutta fresca.
Il babà napoletano si può preparare in casa ma richiede tempo, pazienza e molta precisione, bisogna rispettare le dosi, la lavorazione e i tempi di lievitazione. Pellegrino Artusi nel suo libro del 1895 “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” raccontando la ricetta del babà ha scritto: “Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede molta pazienza ed attenzione”. E in effetti è proprio così, per fare bene il babà, secondo la ricetta originale napoletana, bisogna dedicarsi a lui senza orologi e senza altri pensieri.
Le origini del babà napoletano
Il babà è un dolce napoletano ma, al contrario delle altre ricette tipiche, non è nato nella città partenopea. Quasi tutte le ricette tipiche napoletane sono nate all’interno dei monasteri, questa invece no, le sue origini sono addirittura polacche e francesi.
L’inventore del babà pare proprio che sia stato il Stanislao Leszczyński, re di Polonia fino al 1736, appassionato di cucina e consuocero di Luigi IV, re di Francia. Nella seconda metà del Settecento, Stanislao Leszczyński venne mandato in esilio nel Ducato di Lorena e fu in questo periodo che nacque il babà.
Le leggende legate all’invenzione e alla nascita del babà sono due, e in entrambe il protagonista è sempre Stanislao Leszczyński .
Alcune fonti raccontano che il re polacco era senza denti e che per lui il Kugelhupf (un tipico dolce polacco) fosse troppo asciutto, e quindi chiese al suo pasticcere di inzupparlo con un liquore per renderlo più morbido e saporito. All’inizio venne inzuppato con il Madeira, poi grazie a un’intuizione della figlia di Leszczyński , con il rum giamaicano.
Un’altra fonte, decisamente più pittoresca, racconta che Stanislao Leszczyński stava mangiando una fetta di Kugelhupf, ma dato che per lui era immangiabile, si innervosì e la lanciò per aria. La fetta del dolce lievitato si scaraventò su una bottiglia di rum, lo zar ne rimaste sbalordito e così nacque il babà al rum.
Una cosa che invece è sicura è che Stanislao Leszczyński chiamò questo suo dolce al rum “Ali Babà” in onore del suo personaggio preferito del libro “Le mille e Una Notte”.
La ricetta del babà fu poi perfezionata dal noto pasticcere Nicolas Stohrer, al servizio di Maria Leszczyńska, la figlia di Stanislao e futura regina di Francia.
Ma com’è arrivato il babà a Napoli?
Le famiglie nobili mandavano i loro cuochi in Francia per apprendere l’arte culinaria francese, in modo da perfezionare e arricchire le loro tecniche. Con il tempo questi cuochi specializzati e molto raffinati – chiamati monsù o monzù – diventarono una figura professionale d’avanguardia e molto richiesta, sia a Napoli che in Sicilia, importando molte delle più famose ed usate, ricette d’oltralpe di quel periodo.
Il babà napoletano
Abbiamo scoperto che questo dolce non è nato nel territorio napoletano, ma il dolce per come lo conosciamo oggi, deve tutto alla città di Napoli.
La tripla lievitazione, il dosaggio degli ingredienti, la forma a fungo e lo sciroppo al rum sono tutti dettagli nati grazie ai pasticceri napoletani. L’impasto sofficissimo, arioso e spumoso, che assorbe la bagna in modo perfetto è tipico della tradizione partenopea.